Vi voglio raccontare questo recupero di uno sciame per le sue particolarità: particolare il periodo, il luogo, il modo e l'oggetto del recupero. Ho riportato questi argomenti secondo il mio ordine di importanza.
Cominciamo!
Il periodo è particolare perché una sciamatura a luglio (9 luglio 2014) è un fenomeno insolito. La famiglia recuperata in effetti non ha avuto origine da una sciamatura della stagione, ma da quella di una stagione precedente. L'amico che mi ha segnalato la presenza di api in quel luogo, infatti, aveva già notato la loro presenza da diversi anni. E' altamente improbabile che qualcuno abbia potuto effettuare trattamenti su questa famiglia e quindi, per qualche motivo che devo ancora scoprire, potrebbe essere sopravvissuta alla varroa.
Il luogo potrebbe essere definito con questi tre aggettivi: evocativo, emblematico, suggestivo.
Una vecchia miniera di zolfo abbandonata nell'entroterra marchigiano è uno di quei luogi che si è soliti definire: "abbandonati da Dio e dagli uomini".
In questo caso sembra che Dio non lo abbia abbandonato, infanti è diventato un luogo dove le api recuperano gli scarti della tecnologia per farne la loro casa, è un luogo dove la devastazione degli ailanti e delle robinie è diventato un paradiso di nettare e polline.
Insomma in mezzo a questo monumento innalzato alla decadenza della civiltà ho trovato una famiglia in pieno vigore. Si trovava all'interno di un quadro elettrico con i favi incastrati tra i cavi elettrici strappati ed arruffati, chiuso da uno spotello di lamiera con un pannello di polistirolo incollato all'interno.
Come ho recuperato lo sciame? Beh! Facile direte voi: il quadro elettico si trova ad altezza di spalla, non hai dovuto nemmeno usare la scala! Il problema da superare è stato la dimensione dei favi e lo sviluppo della famiglia. Un apicoltore con un po' di esperienza avrebbe aspettato la fine di settembre per lavorare con meno api, meno miele, meno cera, meno punture, meno tutto.
Invece io (caprone!) l'ho recuperato così, in pieno sviluppo.
Sono tornato a casa e mi sono procurato otto vecchi telaini da nido ed un rotolo di rete metallica con maglia da 5x5. Ho tagliato sedici pezzi di rete con le dimensioni di un telaino e ne ho fissati otto ad un lato dei telaini con la graffatrice a punti.
In pratica mi sono costruito delle gabbie per contenere i favi lasciando aperto un lato della gabbia.
Sono tornato dalle api ed ho cominciato a tagliare dei pezzi di favo che potessero entrare nei telaini. Una volta posati delicatamente, pezzo dopo pezzo, i favi sulla rete metallica all'interno del telaino fino a riempirlo, ho fissato con la graffatrice il secondo pezzo di rete metallica in modo da chiudere la gabbia.
In altre parole, non potendo dare sostegno ai favi dall'interno, come si fa normalmente per fissare i fogli cerei, ho realizzato una specie di esoscheletro per sostenerli dall'esterno.
Per contenere questa famiglia ho dovuto utilizzare tutti gli otto telaini e naturalmente li ho dovuti inserire in una cassetta da 10 favi con due fogli cerei nuovi da costruire. Ho proseguito, spazzola alla mano, con la raccolta certosina del maggior numero di api da riversare dentro la loro nuova casa.
Incredibile, ma la cosa ha funzionato!
Dopo 26 giorni (4 agosto 2014) i favi sono stati tutti "rattoppati".
Le operaie li stanno utilizzando per il miele ed il polline e la regina vi depone la sua covata. Anche i due fogli cerei sono stati importanti perché sono stati letteralmente rimpinzati dalla regina con una covata che, ovviamente, ora è già opercolata e quasi nascente.
Ultima chicca. Sono andato a prendere la cassetta alla sera dopo cena e quando ho finito di trasportarla in apiario erano già le 22. Tornando a casa mi sono imbattutto in una famiglia di cinghiali che mi hanno pigramente ignorato continuando tranquillamente a grufolare in mezzo alla strada. Sono riuscito a continuare il mio ritorno a casa solo dopo che se ne sono andati via con calma.
Ultimo elemento, il più importante: l'oggetto del recupero. Non ho certezza di quanto tempo questa famiglia abbia trascorso all'interno di quel quadro elettrico, ma alcuni indizi dicono che si tratta di più di una stagione. A parte la testimonianza del mio amico, i favi stratificati erano sei, il più recente all'esterno ed il più vecchio all'interno. Quest'ultimo non più utilizzato per la covata, ma annerito per esserlo stato in passato. Se fosse confermata la sua permanenza per più di una stagione, la famiglia potrebbe essere sopravvissuta alla varroa ed alle altre malattie senza trattamenti da parte dell'uomo, ovvero con le sole proprie forze. A questo punto il patrimonio genetico portato dalla regina è veramente interessante, perciò ho intenzione di proseguire il suo filo genetico nelle prossime stagioni. Vi farò sapere come va.
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